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Samstkhe

Missione archeologica dell’Università di Ferrara nella regione di Samtskhe
La necropoli sconosciuta nella terra di Meskheti

Ai margini dell’antica Colchide, nella regione di Samtskhe, che comprende le province di Borjomi, Akhaltsikhe, Adigheni, Aspindza e Akhalkalaki, effettuano scavi archeologici Livio Zerbini, dell’Università di Ferrara, e Vakhtang Licheli, dell’Università di Tbilisi.

Nella provincia di Aspindza, a pochi chilometri di distanza dalla fortezza di Khertvisi, che fu per molti secoli, dal IV secolo a.C. sino al XVIII secolo d.C., uno dei punti più saldi del territorio, in ragione della notevole importanza strategica, in uno scenario di paesaggi incontaminati e di assoluta bellezza, è stata fatta un’importante scoperta, che dimostra quanto l’archeologia possa ancor oggi dispiegare scenari ed orizzonti inaspettati. Si tratta senza dubbio di una delle più interessanti aree archeologiche degli anni a venire: una vasta necropoli, all’interno di una vallata ben celata e nascosta, composta da innumerevoli tombe.

La regione di Samtskhe, situata nella parte meridionale dell’attuale Georgia, è indubbiamente una terra densa di storia, caratterizzata da splendidi panorami e da notevoli ricchezze culturali e paesaggistiche.

In lingua georgiana la parola “samtskhe” significa il luogo abitato dalle antiche tribù georgiane dei Metskhebi.

Questa appendice meridionale nell’antichità si chiamava appunto Meskheti ed il nome dei suoi abitanti, vale a dire i Meskheti, è collegato alla Bibbia ed alle scritture assire cuneiformi. I Meskheti vengono ricordati nelle fonti antiche come Mossokhi e Mushketi.

Meskheti è una terra per certi aspetti dimenticata, caratterizzata da una natura austera e mansueta, dove per lo più abbondano monti e colline intagliate da gole profonde.

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Di qui, dopo aver sconfitto il re d’Armenia Tigrane II, nel 66 a.C. fece il suo ingresso per entrare nella Colchide alla testa delle sue legioni il generale romano Pompeo, il quale con tutta probabilità pose l’accampamento per l’esercito sulle rive del fiume Mtkvari.

Proprio da questa regione, quindi, dopo aver attraversato le vallate del fiume Mtkvari, ebbe inizio l’occupazione armata di Pompeo di quell’antica terra chiamata Iberia, come del resto ben documentano ed attestano i reperti archeologici.

Nell’attraversare paesaggi dalla natura incontaminata, lungo il percorso che segue l’alta valle del fiume Mtkvari e che conduce allo spettacolare monastero rupestre di Vardzia, a metà tra i villaggi di Tsunda e Tmogvi, in un territorio alquanto impervio, situato al centro tra un maestoso altopiano ed alcuni dossi collinari, tra innumerevoli enormi massi di pietra, si nascondono alcune centinaia di sepolture, di diversa forma e fattura.

Le tombe monumentali, disseminate sull’intero massiccio e ricoperte da enormi massi di pietra non lavorata e da sassi di varie forme e dimensioni, disposti a forma di cerchio, presentano a tre-quattro metri di profondità una camera funeraria con dromos.

I primi scavi archeologici, compiuti nel Settembre 2009, diretti da Livio Zerbini, dell’Università di Ferrara, hanno ulteriormente avvalorato lo straordinario interesse della necropoli, non solo per quanto concerne l’estensione e la numerosità delle sepolture, ma anche per l’arco cronologico rappresentato, che risale al IV-III millennio a.C. sino al II-III secolo d.C., riportando alla luce ricchi corredi funerari ed una scultura in legno, con tutta probabilità di carattere votivo, che riproduce le corna di un toro, databili alla media età del bronzo, di grande rilievo scientifico.

Nell’Ottobre 2010 si è conclusa la seconda campagna archeologica. Ma per quale ragione questo luogo fu così popolato nell’antichità? Perché molte persone vennero ad insediarsi proprio qui e scelsero come necropoli un luogo così impervio? Chi erano queste genti?  Da allora sono trascorsi sei millenni.

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Ciò che in ogni caso consentirà di dare concrete risposte a tutti questi quesiti non possono che essere adeguate e sistematiche campagne di scavo sul sito archeologico, che consentiranno di gettare una nuova e più chiara luce su questa scoperta, la quale testimonia, ancora una volta, come nella Colchide il confine tra mito e storia sia davvero sottile.

Proprio in questa terra, punto d’incontro tra Europa ed Oriente, si potranno forse meglio definire i contorni di temi e motivi ricorrenti nelle civiltà mediterranee ed orientali, e comprendere, di conseguenza, che nell’antichità il dialogo tra culture differenti era maggiore di quanto non si creda comunemente.

Bibliografia:

  • L. Zerbini, Scavi archeologici in Georgia. Rapporto preliminare della I campagna di scavo nella provincia di Aspindza  (Ediz. italiana e inglese), Rubbettino, 2010
  • L. Zerbini, Scavi archeologici in Georgia. Rapporto preliminare della II campagna di scavo nella provincia di Aspindza ( Ediz. italiana e inglese), Rubbettino, 2012
  • Al sito sono stati dedicati numerosi articoli anche a carattere divulgativo (cfr. per esempio articolo di Repubblica.it).