Gli affreschi sono una delle testimonianze più vivide che le città vesuviane ci hanno conservato. Concepiti come rivestimento e decorazione delle pareti, essi dovevano anche dare il segno dell’importanza e della funzione dei vari ambienti della casa. Nella seconda metà dell’800, l’enorme quantità di affreschi messi in luce portò ad una classificazione della pittura antica in “4 stili”, ovvero 4 principali schemi decorativi, documentati da Pompei a Roma dal II secolo a.C. al I secolo d.C. Potevano riprodurre semplici partizioni architettoniche, raffigurare paesaggi e giardini, a dilatazione dello spazio reale, o più spesso raccontare miti che, letti nel contesto, veicolavano messaggi agli abitanti della casa e trasmettevano l’immagine che il proprietario voleva dare di sé.
Frammento con maschera teatrale
Stabiae, Villa Arianna
Affresco, I sec. d.C.
In mostra, da Pompei miti quali Narciso e Adone; un paesaggio nilotico, popolato da pigmei in scena umoristica ed erotica, a rappresentare un mondo esotico in grado di colpire con la forza dell’immaginazione il committente. Se a Pompei la decorazione pittorica scandiva le ridotte superfici parietali delle case, a Stabiae la decorazione raffinata delle grandi ville di lusso nasceva da uno stretto rapporto con le ampie ed eleganti architetture.
Medaglione con figura maschile che regge kantharos
Stabiae, Villa Arianna
Affresco, I sec. d.C.
Da Villa Arianna a Stabiae (villa d’otium), un giovinetto in un medaglione e, in un soffitto a volta, un sileno disteso porgono un kantharos (coppa per vino), come gesto conviviale e benaugurante. Da una villa rustica a Gragnano, nel territorio di Stabiae, due affreschi sono ancora ispirati al mito: Meleagro che caccia il cinghiale calidonio e Diana nuda al bagno, spiata da Atteone.