Le genti di Chiusi hanno posto particolare attenzione al culto dei morti incentrato sul tipo di sepoltura e sul rito che, nell’area chiusina, fu prevalentemente incineratorio.
Nel periodo villanoviano fu adottata, come più generalmente in Etruria, l’incinerazione del defunto le cui ceneri venivano poste in un vaso biconico con decorazione geometrica. La solida tradizione legata a questo rito aveva portato Chiusi nel VII – VI secolo a.C a dare forma umana al cinerario con la produzione di canopi che risulta tipica di questo territorio. Successivamente, nel V secolo a.C., questa tendenza divenne ancora più evidente con le statue cinerario. Si tratta di figure semidistese o sedute, scolpite in pietra, che ospitavano in una cavità interna le ceneri del defunto, mentre la testa amovibile fungeva da chiusura. Gli ipogei gentilizi riproducevano fedelmente la pianta e l’interno di un’abitazione, le pareti erano dipinte con scene di banchetto, di giochi e di gare ginniche e l’ingresso chiuso da una porta in pietra con i battenti. All’interno delle sepolture di IV – III secolo a.C. erano deposti sarcofagi e urne di alabastro appannaggio di gruppi sociali privilegiati che si facevano rappresentare distesi a banchetto e commissionavano agli artigiani casse decorate da ricche scene mitologiche.
Dal II secolo a.C. nel territorio di Chiusi sono attestate anche necropoli con tombe a loculi per sepolture più modeste. Le urne erano prodotte in travertino con il coperchio a tetto che richiamava la casa e in terracotta per le esigenze di un ceto sociale meno abbiente.
La serie molto varia delle raffigurazioni rappresentata sulle urne, scene di commiato, miti greci e miti locali corredate da iscrizioni, offre molteplici informazioni sulla società di Chiusi, sia dal punto di vista degli avvenimenti che del costume.