Chiusi, l’etrusca Cleusie/Camars, la latina Clusium, fu uno dei dodici centri che componevano la dodecapoli, la lega delle più potenti città etrusche.
A suggerirne il nome può essere stata l’ubicazione lungo il fiume Chiana, l’antico Clanis, dove la valle, l’attuale Val di Chiana, si restringeva tra ripide alture in uno spazio angusto, le “chiuse”. Il fiume Clanis, allora navigabile, permetteva di raggiungere il Tevere e Roma, ed era una importante via commerciale che Chiusi dominava grazie alla sua posizione. A questa si aggiungeva la fertilità dei suoli che consentiva un’abbondante produzione di grano, olio e vino tanto da spingere i Galli, nel IV secolo a.C., a invaderne il territorio.
I resti dell’abitato sono scarsi a causa della continuità di vita del centro e si riducono a poche tracce delle mura di età ellenistica. Considerevoli appaiono invece le testimonianze dei sepolcreti che lo circondano, nelle zone del Colle Casuccini, di Poggio Renzo, di Fonte Rotella dove fu trovato il famoso vaso François, della Pania, di Dolciano e di Poggio Gaiella. In quest’ultima località esiste un complesso di camere sepolcrali e di passaggi sotterranei che la tradizione ha identificato con il “labirinto” della tomba di Porsenna, descritta da Plinio, anche se in realtà si tratta di un monumentale sepolcro gentilizio in uso dall’ultimo trentennio del VII secolo a.C. Certamente la figura e la leggenda del re di Chiusi Porsenna, che alla fine del VI secolo a.C. forse conquistò Roma, è testimonianza della potenza raggiunta dalla città nel periodo arcaico.
Si ha notizia di una decina di tombe dipinte, in gran parte distrutte o perdute: oggi sono visibili quelle della Scimmia e del Colle Casuccini, databili fra il 480 e il 470 a.C.
Fra il IV ed il III sec. a. C. la città entrò pacificamente nell’orbita romana, conservando ordinamenti e cultura autonomi fino all’ultimo secolo della Repubblica.