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Il mito degli Argonauti nel mondo etrusco

Il viaggio degli Argonauti e la nascita del mito hanno alla base la navigazione mediterranea e i rapporti con luoghi lontani. La fertilità delle terre della Colchide, ricche di acqua e di grandi quantità di metalli, primo fra tutti l’oro, attirarono inevitabilmente, fin da epoche molto antiche, le genti dall’ovest che trovarono una società altamente sviluppata in grado di controllare le proprie risorse e stabilire proficui rapporti commerciali.

La più antica testimonianza di una ricezione dell’epos argonautico, attraverso la tradizione orale, è rappresentata da una piccola anfora, di produzione etrusca, attribuita al Pittore dell’Eptacordo attivo a Cerveteri. Sul vaso, datato agli inizi del VII secolo a.C., sono raffigurati personaggi che eseguono una danza acrobatica accompagnati da un musico che suona l’eptacordo nei quali si è proposto di riconoscere Orfeo e gli Argonauti. Nell’immaginario delle élites aristocratiche che hanno commissionato questo manufatto trionfava, la metis cioè l’intelligenza pratica propria degli eroi che affrontano pericolose avventure.

I manufatti di produzione attica giunti in Etruria nella seconda metà del V secolo a.C. trasmisero agli artigiani delle grandi metropoli le immagini di tutti gli episodi della saga degli Argonauti, ormai codificate. Da una tomba della necropoli della Boncia, fra le più ricche di Chiusi, proviene il cratere degli Argonauti prodotto da un artigiano locale alla fine del V secolo a.C. Il vaso era l’unico oggetto di corredo voluto da un ricco e aristocratico committente le cui ceneri erano deposte in una statua-cinerario a figura maschile. Da un altro centro etrusco proviene lo specchio del II secolo a.C. in cui compare l’unica rappresentazione di una legenda nella quale Giasone (Eiasun) stringe le ginocchia di Dioniso (Fufluns) implorandolo affinché Medea si innamori di lui. L’unicità della scena, chiarita dalle iscrizioni, fa comprendere quanto le gesta degli Argonauti fossero note. Un’altra conferma di questa affermazione si trova in una rara rappresentazione sul frammento di urna: Amico, re di Berberici e figlio di Poseidone, legato alla roccia. Amico, contraddistinto da una forza eccezionale, costringeva tutti gli stranieri che giungevano nelle sue terre a fare pugilato con lui. Tuttavia, uno degli Argonauti, il Dioscuro Polluce, sconfisse Amico e lo legò alla roccia.

Questa immagine ha un precedente nella cista Ficoroni, il cofanetto portagioielli del IV secolo a.C , dove la scena avviene sotto lo sguardo del vincitore della sfida Polluce, di Atena e di uno giovanetto con gli accessori del pugilato.

Le altre urne rappresentano Scilla, il famoso mostro a guardia dello stretto di Messina e i Centauri, perché fu il Centauro Chirone a istruire Giasone.

Gli oggetti di ornamento personale in oro realizzati, con grande abilità dagli orafi etruschi nel corso delle varie epoche, erano molto apprezzati nel mondo antico per le sofisticate tecniche di produzione.

Tra gli ori provenienti dalla necropoli di Poggio Renzo XXX la corona a foglie di alloro, indossata durante riti e cerimonie, fu prodotta a Chiusi tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C.