Si sono concluse, dopo due settimane di lavoro, le ricerche condotte dall’Università Ca’ Foscari di Venezia sull’altopiano di Javakheti, nell’ambito di una missione guidata dal Prof. Paolo Biagi e finanziata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dall’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, con il patrocinio dell’Università statale di Tbilisi Ivane Javakhishvili, rappresentata dal Prof. Vakhtang Licheli.
Obiettivo della missione è stato quello di rinvenire reperti di ossidiana scheggiata (in particolare all’interno di villaggi con strutture in pietra e kurgan) al fine approfondire sia le dinamiche della distribuzione e del commercio di questo materiale, estratto dalle miniere aperte lungo le pendici orientali del Monte Chikiani, sia il suo utilizzo tra il Neolitico e l’Età del Bronzo.
I ritrovamenti sono stati di particolare rilievo: schegge e blocchi di ossidiana sono stati infatti reperiti in due kurgan, a Kavta e sull’altopiano di Shaori (a circa 2300 metri di altitudine), a dimostrazione, per la prima volta, dell’utilizzo probabilmente rituale, e non solo pratico, di tale materiale durante l’Età del Bronzo. È stato inoltre possibile confermare la presenza di ossidiana lavorata in molte località rinvenute nell’area compresa fra il Monte Chikiani e il villaggio di Trialeti e la Riserva di Tsalka.
Durante la ricerca, è stato sistematicamente impiegato un GPS-Garmin e un drone non professionale per localizzare e fotografare dozzine di kurgan, alcuni dei quali ubicati a circa 2500 metri di altitudine lungo le pendici occidentali del Monte Paravani. Anche qui sono stati rinvenuti manufatti di ossidiana provenienti sia dal Monte Chikiani sia dalla fonte armena di Ashotsk, mettendo in luce la complessità dei movimenti dei materiali lavorati durante l’Età del Bronzo.
Le caratterizzazioni dei reperti di ossidiana saranno completate, entro la fine dell’anno, dal Prof. Bernard Gratuze dell’Istituto di Ricerca sui materiali archeologici dell’Università di Orléans.
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