Proseguono le ricerche della Missione Archeologica sull’Altipiano di Javakheti, condotte dall’Università Ca’ Foscari di Venezia (dott. Ferrandi), in collaborazione con il l’Università Ivane Javakhishvili di Tbilisi (Prof. Licheli), e il laboratorio del CNRS di Orléans (Prof. Gratuze), grazie ai finanziamenti del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dall’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente (ISMEO).
Durante l’estate 2021 hanno rivisto la luce importanti insediamenti d’alta quota, la cui presenza era collegata allo sfruttamento dei pozzi di ossidiana del Monte Chikiani – che ebbe luogo principalmente durante l’età del Bronzo – di una tipologia che, sinora, era stata ritrovata soltanto nel Caucaso armeno. I villaggi in questione sono caratterizzati dalla presenza di strutture abitative in pietra, anche multiple e complesse, talvolta fornite di focolare nel centro, oltre che da recinti megalitici per l’allevamento del bestiame, all’interno dei quali sono sempre stati raccolti manufatti di ossidiana. Oltre agli insediamenti sono state rinvenute per la prima volta delle cave di scisto (una roccia cd. metamorfica) a cielo aperto, materiale piuttosto raro in questa zona dell’altipiano.
Fra le numerose testimonianze, la missione archeologica ha rinvenuto decine di manufatti di ossidiana scheggiati dall’uomo, ritrovati sulla superficie di alcuni kurgans (tumuli funerari) individuati anche nell’area di Trialeti, oltre a rilevare la presenza di officine per la scheggiatura dei manufatti di ossidiana. I materiali sono in corso di studio (e datazione, mediante le più moderne tecnologie) al fine di approfondire ulteriormente l’affascinante origine dei villaggi sul Javakheti.