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De Chirico esoterico. Viaggiatore tra due mondi. Opere in mostra

Opere in mostra

 

de chirico natura morta con selvaggina 1

Natura morta con selvaggina
Olio su tela, 70X49cm, 1923

 

de chirico natura morta con selvaggina 2

Natura morta con selvaggina

Olio su tela, 70X49cm, 1923

Le due nature morte sono opere molto simili tra di loro nella rappresentazione dei soggetti e nella tecnica utilizzata; furono dipinte nel periodo immediatamente seguente alla prima stagione metafisica, in cui de Chirico, riscopre l’arte dei grandi artisti nei musei e inizia a fare copie in particolare dai maestri italiani del Rinascimento. In queste due opere in realtà il modello è piuttosto quello delle grandi nature morte fiamminghe del tardo Cinquecento e del Seicento in genere. Se nell’Europa, sconvolta nel quindicennio precedente dall’irrompere delle Avanguardie, è il tempo del “ritorno all’ordine” figurativo e classicista, De Chirico preferisce parlare per se di “ritorno al mestiere” e quindi anche alla rivisitazione dei generi. In particolare la natura morta sarà sempre un genere praticato e studiato per tutto l’arco della sua vicenda artistica.

 

 

de chirico la commedia e la tragedia

La commedia e la tragedia
Olio su tela, 146X114cm, 1926

Tre sono gli elementi alla base di questa celebre rappresentazione. L’accostamento di De Chirico al mondo del teatro, avvenuto negli anni immediatamente precedenti; la ripresa, sempre nello stesso periodo del tema del manichino, già fondamentale protagonista della prima grande stagione metafisica; ed infine il tema della classicità, del mito e della storia. «Il manichino – ha scritto De Chirico – non è una finzione, è una realtà, anzi una realtà triste e mostruosa. Noi spariremo, ma il manichino resta». E ciò vale tanto più se il manichino si presenta come allegoria dei due generi teatrali, classici per eccellenza, che attraverso la finzione, hanno rappresentato, e continuano nel tempo a fare riflettere sui grandi temi, i drammi, le angosce e i conflitti, personali e collettivi, di una società.

 

 

de chirico donna nuda

Donna nuda
Dipinto ad emulsione idro-oleica (tempera grassa) su tela, 46,5X38cm, databile al 1926/30

Il gruppo di nudi eseguiti nella seconda parte degli anni venti e che culmineranno con l’Arianna abbandonata del 1930, si inserisce in una fase in cui “il ritorno al mestiere” abbandona i temi dell’antico, della storia e del mito per volgersi allo studio della natura e della figura umana. Solo un tempio, molto sullo sfondo, richiama il tema dell’antico, quasi a proporre un passaggio di interesse, anche se non uno stacco netto. Il riferimento evidente in questi nudi, sia per il trattamento del soggetto che per i colori e per la pennellata soffice utilizzata, guarda ad un modello ottocentesco e cioè ai grandi nudi di Renoir. L’Ottocento – un nome per tutti Bocklin- non smetterà mai di essere fonte di ispirazione di De Chirico, ma qui il riferimento non è tanto sulle atmosfere simboliste e decadenti che tanto peso ebbero nel pensiero del Maestro, quanto ad una ambientazione mediterranea e sensuale: e questa atmosfera sembra essere il trait- d’union che lega questa ricerca alla fase immediatamente precedente.

 

 

de chirico cavallo rampante

Cavallo rampante
Olio su cartone telato, 24X18cm, databile al 1928 ca.

Gli anni della ricerca sui miti classici e mediterranei e sui temi legati all’antichità greca e romana (è il periodo dei primi gladiatori) sono anche legati alla comparsa di uno dei motivi che saranno tra i prediletti da De Chirico, e ciò quello del cavallo. E’ un tema che ha molti legami con sua la formazione e i suoi interessi culturali. Cavalli sono reminiscenza della Tessaglia, sua terra natale, celebre per gli allevamenti di questi animali; cavalli, e cavalli rampanti, tendenti al monumentale, sono immagini riprese dalla statuaria antica. Ed è proprio dalla statuaria antica che parte il motivo di questo olio che si presenta come un abbozzo che a partire dalla posa classica statica, si prefigge di studiare l’evoluzione delle linee di movimento.

 

 

de chirico cavalli bianchi

Cavalli bianchi
Olio su tela, 73X92cm, 1929

Cosa rappresenta il cavallo per de Chirico? De Chirico non dipinge un cavallo per rappresentare un cavallo, bensì dipinge l’idea di un cavallo, che è metafisica, nell’equivalenza cavallo – mito, associato al culto di Poseidon, il destriero consacrato a Marte, ad Apollo, agli eroi, i cavalli di Achille (Balio e Xanto), e poi i cavalli dell’Aurora (Fetonte e Lampo), e ancora si potrebbe continuare con i cavalli dei Dioscuri.
I cavalli perciò per de Chirico hanno la stessa valenza pittorica dei nudi, del paesaggio, delle nature morte (o vite silenti), dei ritratti e degli autoritratti, in pratica tutti i repertori classici del maestro, quando non dipingeva opere di “invenzione”, ovvero manichini, archeologi, bagni misteriosi, interni metafisici.

 

 

de chirico studio di figura
Studio di figura (da Michelangelo)
Olio e tempera su tela, 35X25cm, databile metà anni quaranta

L’interesse per lo studio dell’arte dei maestri del Quattrocento e del primo Rinascimento, che ha caratterizzato gli anni del primo dopoguerra, si intensifica negli anni quaranta, periodo al quale si riferisce presumibilmente questo studio, allargandosi a maestri del Rinascimento maturo e sino ad alcuni artisti dell’Ottocento. Scriveva De Chirico anni addietro: “Per mio conto sono tranquillo, e mi fregio di tre parole che voglio siano il suggello d’ogni mia opera: Pictor optimus sum”; di fronte a tale affermazione il confronto col Michelangelo della Sistina, al centro di questo studio, diventa un passaggio obbligato a cui non solo l’artista non si sottrae, ma che si impegna ad assumere e reinterpretare cogliendo con l’essenzialità delle linee il senso del gesto.

 

 

de chirico autunno
L’Autunno
Olio su tela, 200X89cm, 1949

Il tema dell’autunno, della sua bellezza malinconica, ha anch’esso radici profonde che scaturiscono dal suo particolare rapporto con una città, Torino, la città della tragica fine del suo amato Nietzsche, amante dell’autunno. Scrive De Chirico ” La vera stagione per Torino, quella durante la quale meglio si manifesta la sua grazia metafisica, è l’autunno, autunno che non ha niente in comune con l’autunno romantico, con il cielo ingombro di nuvole, con le foglie morte e la partenza delle rondini.” Non è un caso che uno dei primissimi dipinti metafisici sia proprio “L’enigma di un pomeriggio d’autunno”; così come non è un caso che in questo olio del 1949 ritornino atmosfere metafisiche, quasi surreali, in cui la melanconia e la grazia sono rappresentate da un nudo femminile statuario e classico.

 

 

de chirico le bagnanti
Le bagnanti
Olio su tela, 35X55cm,1950 ca.

Il tema della bagnanti è un altro dei temi prediletti dal maestro. E nel quale sono forti i riferimenti alla pittura classica, da Tiziano, passando per Velazquez, fino ad Ingres. Tra la seconda metà degli anni quaranta e l’inizio del decennio successivo il tema acquista una particolare fisionomia: non immagini solitarie, o in primo piano, di grandi nudi su spiagge sabbiose e assolate , ma ambientazioni in cui diverse figure femminili, in genere due, in un gioco di contrapposizione tra pose differenti, come in questo esempio, sono immerse in paesaggi naturali che ricordano molto da vicino ambientazioni idilliache legate al classicismo seicentesco. Sarà appunto il suo periodo da taluni critici denominato “barocco”, un barocco forse meno idilliaco rispetto al modello di riferimento, ma che sarà ostentatamente proposto in chiave polemica contro gli artisti e le correnti contemporanee che lui stesso aveva contribuito a sviluppare.

 

 

de chirico il giudizio di paride
Il giudizio di Paride (abbozzo)
Matita e acquerello su cartoncino, 40X30,2cm, databile inizio anni Cinquanta

La scoperta del Seicento, alla base della fase più controversa di De Chirico, quella “barocca”, passa per la scoperta e poi la rivisitazione di Rubens. Temi e tecnica, colori e figure del grande maestro fiammingo vengono presi come modelli e rielaborati. E la grande tela, oggi al Prado, del Giudizio di Paride diventa per De Chirico motivo di ispirazione e di elaborazione per diverse opere. Qui si tratta appunto di un abbozzo su cartoncino, che testimonia di questo interesse e del processo di elaborazione del tema; in esso solo una delle figura femminili e la figura maschile di spalle risultano in qualche modo compiute, insieme al paesaggio naturale contro il quale si stagliano, e di cui viene accennato il contorno in acquerello con l’utilizzo dei soli rossi ed azzurri.

 

 

de chirico piazza ditalia
Piazza d’Italia
Olio su tela, 30X40cm, fine anni Cinquanta

Le “piazze d’Italia”, ha scritto il critico Maurizio Calvesi, sono il primo tema figurativo del de Chirico metafisico. n queste opere, continua Calvesi, ricorrono i temi tipici della sua pittura, quelli dell’infinito, della solitudine, del tempo eccepito, del mistero e dell’enigma, delle vie deserte, delle piazze tacite ove domina come un’ombra il monumento equestre, della statua che incarna la sospensione e l’attesa, del presagio, dell’occhio veggente, della figura chiusa nella tunica nera che guarda pensosa all’orizzonte.
La pittura di de Chirico nasce dalla memoria di architetture italiane classiche e ottocentesche in un’atmosfera di lucidissima e statica assurdità. Solitudine, silenzio, fughe prospettiche, illusioni spaziali, ombre nitide stampate su lisci selciati, portici d’ombra, cieli antichi, volumi netti, statue solitarie e talvolta una forma di vita […] sospesa, avvolta in un velo impalpabile che la separa dal resto del mondo.

 

de chirico ettore e andromaca
Ettore e Andromaca
Bronzo argentato, 95X55X45cm, 1970

La scena della scultura è ambigua, il suo significato è misterioso e l’unico indizio che parrebbe darle un senso è il titolo, che si riferisce a un episodio del VI libro dell’Iliade, ed è quindi parte di quel patrimonio culturale classico di cui de Chirico era profondamente intriso. L’artista fa riferimento alla drammatica scena del saluto tra Ettore e Andromaca, quando l’eroe ignorando le preghiere della sposa, decide di affrontare Achille in battaglia. Il forte sentimentalismo messo in versi da Omero qui è completamente assente: nel mondo dechirichiano infatti gli aspetti narrativi ed emotivi scompaiono perché le vicende personali e la cronaca non hanno posto; gli aspetti fisici e i sentimenti sono trascurati a favore di quelli metafisici; quello che rimane della vicenda mitica è solo il senso di sospensione , di destino incombente e misterioso.

 

 

de chirico cavalli in riva al tirreno
Cavalli in riva al Tirreno
Tempera su carta su impronta litografica riportata su tela, 51,5X68,4cm, databile 1970

Dal 1968 De Chirico, ottantenne, inaugura un nuovo periodo di ricerca conosciuto come Neometafisica, nel quale dipinge opere che sono rielaborazioni dei soggetti e dei temi della sue precedenti esperienze. Sono reinterpretazioni caratterizzate da colori accesi e atmosfere serene rispetto alle precedenti. Tra queste opere è questa “Cavalli in riva al Tirreno”, che riprende l’intreccio dei temi caratterizzanti i secondi anni venti del ‘900. L’atmosfera particolarmente serena, i colori chiari, la semplificazione dei contorni e dei contrasti di luce di questa tempera sono perfetto esempio del carattere della ricerca dagli ultimi anni del Maestro.

 

 

de chirico trovatore
Il Trovatore
Olio su tavola, 34X25cm, 1972

Uno dei tratti distintivi delle opere di Giorgio De Chirico è la presenza, nei suoi dipinti, di oggetti dalle forme più varie, collocati in luoghi del tutto atipici, senza che alcuna connessione possa essere stabilita tra i primi e gli ambienti in cui sono inseriti.
Così come gli oggetti vengono decontestualizzati dall’artista, venendo spostati dai luoghi loro comuni ad altri del tutto lontani dalla loro destinazione d’uso, la stessa cosa accade, con i manichini che, a partire dal 1917, diventeranno una costante dell’arte metafisica dechirichiana.
Il manichino da sartoria freddo e rigido prende il posto (anche qui è evidente il concetto dello spostamento) dell’essere umano che, ridotto ad automa, viene raffigurato da De Chirico senza volto, ligneo e apparentemente inespressivo.

 

 

de chirico attesa
L’attesa
Olio su tela, 53X42cm, 1974

“Non si può parlare né di ritorno né di partenza. Nessuno in nessun momento mi può costringere a dipingere in una maniera o nell’altra. Non esiste nessuna legge in proposito, continuerò a fare ciò che voglio, in assoluta libertà.”. Così scriveva De Chirico a proposito della scelta di riproporre, con la Neometafisica, temi e ricerche di tutto il suo percorso artistico precedente. Quattro anni prima della morte, De Chirico condensa nella figura seduta di quest’olio gran parte dei temi da cui prese spunto la pittura metafisica, in particolare gli interni. Il tema del tempo indefinito e dello spazio anonimo e impersonale; e soprattutto quello del manichino, oggetto che dell’uomo possiede l’aspetto, ma manca di movimento e vita. Ma di quella stagione manca l’elemento dell’angoscia, della desolazione: i colori da acidi si vivacizzano, le ombre prima nette e taglienti ora sfumano, la luce si diffonde. E’ l’ultimo messaggio dell’artista.